La fotografia nella comunicazione

La mia personale analisi della fotografia

La comunicazione scritta è sempre la più efficiente e precisa nel comunicare qualcosa, ma è uno strumento che difficilmente attrae un possibile lettore. Hai scritto un testo incredibile, il quale ha la capacità di trasportare il lettore, divertendolo ed emozionandolo

Cos’è la fotografia?

Hobby? Forma d’arte? Mero strumento di esaltazione dell’io?

Non è semplice definire cosa sia la fotografia, i campi di applicazione di questa tecnologia sono molto vasti, dalla ricerca scientifica fino a consacrarla nel campo dell’arte. Trovare quindi una definizione a cosa sia la fotografia trovo sia, personalmente, molto soggettivo. Una foto può avere più chiavi di lettura in base alla nostra esperienza personale.

Tutto ciò che noi siamo, sotto forma di cultura, educazione, modo di pensare, va in qualche modo a influenzare la visione che abbiamo delle cose che ci circondano.

Partiamo dalla definizione: fotografia è l’unione delle parole greche per luce e grafia, quindi significa letteralmente “scrittura di luce”; la fotografia quindi, come la scrittura, è un modo di comunicare.

Essendo uno strumento di comunicazione  vi siete mai chiesti cosa volete dire e come volete dirlo?

Da sempre la fotografia è stata utilizzata per immortalare momenti, imprimerli permanentemente, un fermo immagine di quell’istante che è stato poi utilizzato per comunicare qualcosa, testimoniare, narrare; fotografia dal fronte, fotoreporter giornalistici, ritratti di famiglia o foto scientifiche: la foto aveva un valore sociale, economico ma molto spesso sentimentale.

L’era digitale

Con l’avvento della digitalizzazione del processo fotografico abbiamo avuto una enorme espansione dell’uso della fotografia. Il digitale ha reso disponibile questa tecnologia a un pubblico maggiore, sia per un fatto più “economico” (ogni smartphone che si rispetti ha almeno due fotocamere integrate e il prezzo delle fotocamere è per alcuni modelli molto basso), sia per la facilità di utilizzo che i dispositivi di oggi consentono come modalità automatica, interfaccia intuitiva e funzionamento semplice.

Ma non si rischia che tutta questa possibilità di fotografare porti a una svalutazione della fotografia stessa?

Un tempo la fotografia aveva un valore, i primi scatti anatomici, i report delle esplorazioni, lo sbarco sulla luna, gli scatti di Francisco Boix che documentano i crimini nazisti a Mauthausen, non secondario il valore affettivo, le serate passate a guardare le diapositive o le foto di quando eravamo piccoli o di tempi passati dei nostri genitori, dove la foto era solo il preludio di un racconto, un ricordo; Ora stiamo vivendo un periodo in cui l’enorme massa di foto viene relegata al momento e perde di importanza dopo poco, salvata in uno dei molteplici cloud.

Nel 2014, secondo alcune stime, sono state scattate solo dal cellulare 880 miliardi di fotografie: oggi si stima che ogni 2 minuti al mondo vengano prodotte più foto di quante l’umanità abbia realizzato nel 1800.

Viviamo nell’era della condivisione, perennemente interconnessi nel mondo, condividiamo continuamente video, fotografie, articoli, ricette, storie, ricordi.

Il cellulare non è più quindi solo uno strumento per comunicare ma diventa un prolungamento del nostro braccio, un organo di interazione sociale; la fotocamera, di conseguenza, parte integrante di noi. Ci identifichiamo attraverso quello che fotografiamo e pubblichiamo. Diamo molta importanza all’apparire, abbiamo questa smisurata necessità di farci vedere, di essere notati. La manifestazione del nostro ego si produce attraverso la rappresentazione della banalità del nostro quotidiano: azioni scontate, ovvie, vengono amplificate sotto i riflettori sociali. Fotografiamo il cibo, fotografiamo noi al supermercato, noi che laviamo la macchina, noi che passeggiamo… arriviamo a fotografarci in bagno o nell’intimità del nostro letto.

Creiamo migliaia di immagini, ma quante ci soffermiamo a guardare? Quante ne riguardiamo dopo?

La fotografia al giorno d’oggi non ha perso di valore, ma sicuramente la diffusione esponenziale ha portato ad un ”inquinamento” del contenuto fotografico. Siamo così circondati di immagini di ogni genere che a volte non riusciamo a distinguere quelle veramente importanti e di qualità.

Spiccare dal mucchio

In questo flusso continuo di immagini diventa sempre più difficile farsi notare, contiamo in “like” la nostra visibilità (acquistiamo follower, usiamo bot automatizzati per l’interazione) tralasciando il contenuto.

Catturare l’attenzione dell’utente non è una questione di like, ma di attimi.

Dobbiamo creare quindi un contenuto che riesca a spiccare in questo fiume di immagini e che sia in grado, come un amo, di catturare in un istante l’attenzione dell’utente. Sono molte le tematiche che si possono toccare per incuriosire il nostro potenziale cliente e in un prossimo articolo le approfondiremo.

Che sia per vendere qualcosa o semplicemente per fare branding l’immagine, oggi, gioca un ruolo fondamentale.

L’importanza dell’immagine

Questo scorrere quotidiano di foto, la creazione continua di contenuti ci ha portato a pensare sempre meno all’immagine che andiamo a produrre, scattare con leggerezza e spesso pubblicare in modo troppo superficiale. Non pensiamo alle conseguenze di condividere una foto e, sopratutto nel campo pubblicitario, della “comunicazione” che questa immagine veicola.

Perché è proprio qui il punto: se è vero che noi ci identifichiamo ormai attraverso le immagini è altrettanto vero che l’immagine ci identifica.

Troppo spesso non comprendiamo a fondo il significato di questa affermazione: una foto, oggi, siete voi, è la vostra immagine. Non il vostro autoritratto, una foto parla di voi anche se non siete voi il soggetto; una foto parla di cosa vi piace e cosa no, di come vedete il mondo e di come lo interpretate.

Nella pubblicità questo è un concetto fondamentale quando vado a scegliere le immagini che utilizzerò nei vari punti del mio piano marketing, per il sito, per una pagina pubblicitaria, per i post sui social o i cartelloni.

Non sto dicendo che sia obbligatorio rivolgersi a un fotografo professionista (anche se per alcuni casi si rivela essenziale!) ma se un’azienda o una persona decide di intraprendere la via dell’”homemade” per il materiale della comunicazione aziendale, deve prestare attenzione a cosa scatta, come scatta ma soprattutto perché scatta.

Una foto è il filtro attraverso il quale un utente percepisce l’azienda, è importante capire che non è “solo una foto”, è un modo con il quale il proprio brand comunica. Di conseguenza scelte sbagliate possono produrre danni d’immagine non indifferenti. In base a come sono fatte le immagini, un utente si fa un’idea dell’azienda; foto poco curate, fatte in modo frettoloso, senza dei canoni estetici danno sicuramente l’impressione di un’azienda non attenta e poco seria.

Wikipedia definisce una fotografia come “un’immagine statica, ottenuta tramite un processo di registrazione permanente, delle interazioni tra luce e materia”; questa interazione che noi andiamo a registrare è soggettiva, la chiave di lettura che io dò a una foto può differire, dobbiamo essere molto attenti al dare un “perchè” alle foto, essere più consapevoli del ruolo comunicativo intrinseco della fotografia.

Conclusioni

Per concludere, non si tratta di una riflessione negativa e non voglio generalizzare, il cambiamento di generazione in questi ultimi anni si è fatto sempre più evidente, il mondo si muove e le tecnologie si adattano e devono adattarsi ad esso. Il futuro può spaventare e non è sempre facile adattarsi ai cambiamenti ma per sopravvivere è fondamentale, senza comunque perdere la propria identità.

Voglio lasciarvi con una domanda: siamo tutti fotografi?

Abbiamo tutti carta e penna eppure non siamo tutti scrittori, il parallelo con la fotografia è immediato.

Henri Cartier Bresson disse “è un’illusione che le foto si facciano con la macchina, si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa”.

L’elemento umano è più importante dell’attrezzatura. Non significa che ci si possa arrangiare in tutto. Sopratutto per quanto riguarda la fotografia commerciale un fotografo professionista è d’obbligo per le sue capacità narrative, conoscenze tecniche ed esperienza. Nei casi invece per i quali si decida di operare con il “fai da te” bisogna sicuramente avere un “occhio” di riguardo.

Prossimamente vi daremo qualche consiglio per la mobile photography.

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